17 Giu Assegno di Mantenimento in sede di separazione: non può essere parametrato al tenore di vita | Studio Legale Scavo
Come noto, la Sentenza della Corte di Cassazione n. 11504/2017 ha tracciato un importante solco nella Giurisprudenza Italiana del Diritto di famiglia, andando a destituire il principio per cui il diritto all’assegno divorzile veniva spesso commisurato al fine di consentire, al coniuge richiedente, di mantenere analogo tenore di vita a quello goduto durante il matrimonio.
Tale provvedimento ha trovato sede nell’ambito di un progressivo affermarsi del cosiddetto “principio dell’autosufficienza”, per il quale l’assegno di mantenimento, specie in sede divorzile, debba assumere un mero carattere residuale ed essere erogato solamente qualora il coniuge richiedente dimostri di non essere autosufficiente economicamente, intendendosi l’autosufficienza (Cass. Sent. n. 3015/2018) non semplicemente come l’inidoneità dei redditi posseduti a garantire un tenore di vita “accettabile”, ma come capacità astratta del coniuge di produrre un reddito che consenta l’indipendenza economica (così che, in alcuni casi, è stato escluso il diritto all’assegno di mantenimento per il coniuge che aveva rifiutato dei posti di lavoro).
Il ragionamento che ha indotto la Suprema Corte a introdurre il suddetto principio, muove dalla considerazione che lo scioglimento del matrimonio presuppone l’accertamento del fatto che la comunione spirituale e materiale fra i coniugi non possa essere mantenuta o ricostituita.
Ciò determina che rapporto matrimoniale, una volta estinto definitivamente, determina la ridefinizione dello status degli ex coniugi, che devono tornare ad essere considerati persone singole nel processo di attribuzione dei diritti derivanti da detto scioglimento.
In poche parole, secondo i Giudici, il matrimonio, qualora terminato, non deve divenire fonte di rendita passiva di guadagno (per il sol fatto che, in costanza di matrimonio, lo status non era di persona singola ma di unione coniugale, anche patrimoniale), assecondando l’ indirizzo per il quale la solidarietà post coniugale (il mantenimento di determinati tenori di vita) debba cedere il passo alla solidarietà sociale.
Detto provvedimento, emanato con riferimento all’assegno emesso in sede Divorzile, ha trovato subito immediata applicazione in numerosi provvedimenti delle Corti di Merito. Tuttavia, come noto, il divorzio è un provvedimento giuridicamente successivo a quello di separazione, ed è solo con il divorzio che cessano definitivamente tutti gli effetti civili del matrimonio, attenuati o riqualificati (ma pur sempre validi) in sede di separazione: in molti casi addirittura i coniugi non giungono mai alla cessazione vera e propria del matrimonio, ma rimangono per lungo tempo separati, pur essendo, di fatto ma non di diritto, il matrimonio cessato.
In giurisprudenza ci si è dunque subito posti il problema se detti principi di diritto, nella loro portata precettiva generale (ricordiamo essere stati espressi in sede di Cassazione a Sezioni Unite, ossia l’organo giudicante più autorevole del nostro ordinamento, dopo la Corte Costituzionale, ndr), fossero applicabili anche in sede di separazione.
Di primo acchito, poiché la tesi della Cassazione muove dalla perdita dello status e dal conseguente venir meno della solidarietà fra i coniugi, lasciando spazio solo a forme di mera assistenza sulla base del principio di autosufficienza, a molti è sembrato che, nell’ambito di un rapporto in cui la solidarietà coniugale sia solo declinata diversamente (la separazione), fosse di difficile applicazione un modello basato sul fatto estintivo del coniugio (il divorzio).
Tuttavia, sebbene sul punto non sia ancora intervenuta la Cassazione (che, immaginiamo, prossimamente si pronuncerà), la Corte D’Appello di Roma, una delle Corti di Merito più autorevoli d’Italia, con ordinanza del 15/12/2017 ha per prima posto le basi per l’applicazione dei suddetti criteri anche all’assegno di mantenimento determinato in sede di separazione. Sul punto, abbiamo riscontrato anche un’interpretazione abbastanza uniforme da parte del Tribunale di Bari.
Pertanto, seppur in assenza di un provvedimento della S.C. avente portata precettiva generale, possiamo affermare che, ad oggi, nonostante la questione sia dibattuta, anche in sede di determinazione dell’assegno di mantenimento a seguito di separazione personale tra coniugi, questo non possa essere commisurato al criterio del “mantenimento del tenore di vita” da parte del coniuge economicamente meno abbiente.
E’ chiaro che la tematica, specie in un momento di grave crisi economica, sia di notevole rilievo, potendo in alcuni casi sinanche esser state appianate le differenze reddituali tra coniugi.
Dunque, preme di sottolineare che anche gli assegni, precedentemente determinati secondo il summenzionato criterio del tenore di vita, potranno essere soggetti a rideterminazione secondo i nuovi canoni.
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